giovedì 24 settembre 2009

All'autunno




Stagion di nebbie e di ubertosi umori,
fedele amico al maturante sole
che a caricar le viti e bear d'uva
intorno alle grondaie con lui cospiri;
nel casolare gli alberi muscosi
curvar di mele; tutti i frutti empire
fino al torso di sugo; enfiar la zucca
arrotondare il guscio alle nocciuole
con un nocciolo dolce; e altri ancora
più tardivi gemmar fiori per le api
finché termine credano che mai
abbiano i caldi giorni, sì lor celle
viscose fino all'orlo empì l'esate.
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Chi fra la tua opulenza non ti vide?
Chiunque, andando, può trovarti a volte
a sedere su un'aia spensierato,
mossi i capelli al vaglio che fa il vento;
o sopra un solco per metà mietuto
dormir profondo nell'intontimento
che esalano gli effluvi dei papaveri,
mentr la riva accanto il tuo falcetto
risparmia e tutti i fiori ivi intrecciati
e da spigolatore il capo a volte
carico reggi, di un ruscello al guado;
e ove il sidro colò, le ultime goccie
seguì, con pazienti occhi occhi ore e ore.
-
Dove sono di primavera i canti?
Ah, dove sono? Lascia: anche tu hai
musiche mentre il dì che lento muore
fioriscono le nuvole striate
e toccano di rosa al pian le stoppie.
Gemono allora i moscerini in coro
tra i salici del fiume, alto portati
come il tenue vento alita o muore;
e agnelli adulti belano dal colle,
grilli di siepe cantano; e dal chiuso
di un brolo il pettirosso sufola ora
in dolce metro, e mosse allor raduno
le rondini garriscono nei cieli.
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John Keats